Recensione di Claudio Pepoli
27.05.2012- Chi l’ha detto che se sei asino nella vita non puoi avere successo.
Maricchia è il nome di un' asina (di proprietà di Franco Ciolino), protagonista di un lungometraggio proiettato gratuitamente in due riprese la sera del 25 maggio 2012 presso la sala del Di Francesca a Cefalù, ultimo capolavoro del cineasta cefaludese Franco Turdo. Maricchia è pure fortunata, perché ha un lavoro! Il che non è da poco di questi tempi, impiegata com’è, nella vita reale, presso il Comune di Castelbuono assieme ad altre 17 colleghe/i utilizzate/i a turno per la raccolta differenziata del paese. Niente male per un asino!
Ma veniamo al film. Qual' è il messaggio che ha voluto trasmettere il regista al pubblico presente. Maricchia è roba d’altri tempi, insieme al suo padrone, “u zù Pasquale” interpretato dal co-protagonista Peppe Saja, un “viddanu” degli anni ’50 che nel suo casolare antico trascorre una vita di campagna dura e monotona, dettata dalla routine quotidiana che lo vede impegnato nel ferreo lavoro dei campi. Per giunta egli è coniugato con una moglie all'antica e tutta d’un pezzo poco incline alle smancerie e dal quale al posto delle carezze riceve spesso promesse di sonanti “timpuluna” (sberle). Tutto ciò in netto contrasto con gli agi e la sregolatezza della vita moderna iper tecnologica e pervasa da internet cui egli un buon mattino si ritrova bruscamente catapultato.
E' su questa semplicità del passato che il regista vuole fare leva. Franco è sostanzialmente un nostalgico. Per lui la saggezza dei nostri giorni sta scritta nella quotidianità di un'altra epoca. Nel suo film fa largo uso di detti e proverbi siciliani, come siciliana è la lingua madre di Pasquale. "Lingua" e non "dialetto", perchè lui conosce solo quella. E' questo l'oggetto di un secondo messaggio che il regista vuole trasmettere: la valorizzazione della lingua-dialetto siciliano per la quale sarebbe opportuno se non l'inserimento nelle scuole come materia curriculare quanto meno essere oggetto di dibattito.
Le esperienze personali del Turdo (mia vecchia conoscenza) vissute sulla sua pelle coi suoi "vecchi" e dal quale secondo lui ne dovremmo apprendere le saggezze lo hanno profondamente segnato assieme a quel carattere di religiosità che a tratti fa da sfondo a questo film e nel quale la scena dedicata alla sacralità del pane ne è sicuramente il top. Per una persona come u zù Pasquale abituato ad avere la sua colazione col pane duro, il gesto inconsulto dell'insofferente clochard interpretato da Saro Barranco è intollerabile. Difatti alla carità del buon uomo che gliene porge una pagnotta, il clochard risponde dapprima poggiandolo capovolto e poi non appena il viandante volta le spalle per andarsene, lo getta per terra con disprezzo e indifferenza. E' stata questa una delle scene più ricche e cariche di significato curata al massimo e nei minimi dettagli. E' col finale di questa scena che si chiude il primo tempo.
Lo stile del regista (foto a destra), che può essere più o meno oggetto di critica e discussione è imperniato sulla lentezza e la ripetitività delle riprese a partire dallo scambio di battute che lo spostano piu verso il teatro che la cinematografia e per il quale lo spettatore è quasi costretto a sorbirne la lentezza da metabolizzare coi tempi dovuti, lenti, come lento in fondo è l'andamento della nostra Sicilia. Noi siciliani siamo così, siamo abituati a fare le cose con calma, nessuno ci insegue.
Ma sono tanti i messaggi che il regista lancia attraverso questo film: nella scena del fruttivendolo tocca il tema dei mercati comuni e della valuta euro-lira (quest'ultima ormai scomparsa), sottolineando come molti dei prodotti ortofrutticoli vengano importati dall'estero anzicchè sfruttarne le risorse locali; in campo etico-sociale u zù Pasquale inorridisce di fronte la sfacciataggine di due fidanzatini che innoccentemente si baciano all'aperto, mentre sgrana gli occhi alla vista di una seducente commessa in minigonna. Tutto questo accade mentre lo sparuto vecchietto continua il suo viaggio nel tempo alla ricerca della sua asina Maricchia e il compagno "Nardo".
Particolarmente toccanti due tra le scene del film: l'incontro con Domenico figlio di "Nardo arruozzula pietre" entrambe interpretati dal figlio d'arte Marco Falletta, e la rimembranza di Pasquale dirimpetto a Nardo entrambe di fronte ad un fiasco di vino in ricordo dei tempi che furono. E si perchè è proprio dal figlio 'Minico che egli apprende della dipartita di Nardo, colpito al capo da una zoccolata inferta proprio da Maricchia.
Chiave del film quell'incontro casuale nella panchina rotonda con una perfetta sconosciuta interpretata da Maria Luisa Glorioso, che al telefonino parla di e-mail e diavolerie tipiche del terzo millennio. Ne scaturisce un dialogo spontaneo e naturale dai contenuti straordinariamente umani, al termine del quale la ragazza sollecitata dai suoi amichetti finisce per dimenticare il marchingegno infernale su quella panchina che dop'essersi allontanata comincia a squillare.
Ma i tramonti e le albe che colorano il film svegliano il contadino reduce da un lungo sogno a cui segue l'incubo reale della moglie Rosa degnamente interpretata da Maria Cavoli (sotto a sinistra) che non si fa certo pregare dallo sbattere sùbito in faccia la realtà al marito, il quale "babbacìa fssarii" (riporta demenzialmente stupidaggini) una dopo l'altra riguardo Maricchia e Nardo che a suo dire non ci sarebbero più.
"Eccola Maricchia ed eccolo Nardo" dice donna Rosa, ed ecco anche che le promesse dei sonanti "timpuluna" vengono rigorosamente mantenute! Mestamente i due ominicchi si avviano a lavoro come di consueto mentre Pasquale suggerisce a Nardo di guardarsi dalla scecca perchè... non si sa mai! E tra una parola e l'altra d'improvviso un motivo musicale attira l'attenzione dei due. Ponte di collegamento tra il passato, il presente e il futuro Pasquale finisce per ritrovarsi tra le mani quel marchingegno infernale (il telefonino) estratto proprio dalla sua bisaccia, lo stesso marchingegno dimenticato su quella panchina da quella sconosciuta in quell'incontro dettato dalla casualità. E chi l'ha detto che è stato solo un sogno...!!!
Chissà il regista con quest'ultimo pezzo che messaggio avrà voluto lanciare.
E' doveroso ricordare che alle musiche di Totuccio Curreri è stato intercalato un brano dello scomparso cabarettista locale Nico Marino. Regia e montaggio di Franco Turdo
la consegna della Targa a Franco Turdo da parte di Pietro Serio
Pietro Serio e Franco Turdo
A Franco Turdo per il coraggio e l'impegno professionale nella realizzazione nel film "Maricchia"
Con grande stima Pietro Serio
altre foto della serata
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